1965 - 1969
Si collocano in questi anni una serie di lavori, di chiara matrice concettuale, che dialogano con alcuni grandi capolavori del passato, primo fra tutto l’opera di Paolo Uccello, La Battaglia di San Romano (AGB 0341; 0512; 0513; 0514; 1615).
«[…] l’artista colleziona elementi-chiave di quadri celebri – scrive Martina Corgnati [1] - […] li scompone e suddivide ordinatamente in scatoline-riquadri e li sottopone a un processo di metamorfosi basato sulla ricerca e sull’esplicitazione di possibili affinità: formali, geometriche e simboliche.»
Illuminante il commento di Elda Fezzi in occasione della personale alla Galleria Cornice di Cremona nel 1970 [2] : «Una dibattuta immagine di ambiguità è quella che prende concretezza nelle situazioni dipinte da Gabriella Benedini. Certi elementi sono in fase di metamorfosi da vegetali in tecnologici, da umani in altri trapassi biologici. Dalle forme naturali nascono frammenti ‘metafisi’, che però si avvicinano a forme e tempi da ‘science fiction’. Tuttavia, alla rigidezza di un’eventuale mutazione in ‘monstrum’ tecnologico, G. Benedini riesce sempre a sostituire una ambiguità visionaria più sottile, che si sparge da una superstite fine tessitura pittorica e da certi inserimenti di ultima suggestione storica (come l’apparizione scorciata del sarcofago di Ilaria del Carretto).» (AGB 0310).
Inoltre proprio nel 1965 riceve l’ambito riconoscimento del Premio Ramazzotti per l’opera Attraverso il cancello del nostro primo mondo (AGB 0346). del quale è noto anche uno studio preparatorio (AGB 0345) entrambi di ubicazione ignota. L’artista ricorda che questo dipinto appartiene alla breve stagione neofigurativa, perché, afferma, […] «la figurazione […] non mi ha mai veramente interessato.» [3]
