Sculture pensili
Costituiscono una tipologia che fa da cerniera tra le creazioni bidimensionali, per così dire pittoriche, di Gabriella Benedini e le sculture vere e proprie. Si tratta, infatti, di opere dalle forme più diverse che, pur appese a una parete, si definiscono per una terza dimensione spesso fortemente aggettante. Realizzate con molteplici materiali, variamente combinati tra loro, costituiscono spesso delle serie, come è frequente nella ricerca dell’artista e ne testimoniano il processo ideativo, che opera per progressivi approfondimenti.
Tra le prime si collocano le Culle per una cometa, delle cassettine in cui giacciono cartigli ed elementi di vario tipo, esposte per la prima volta in occasione della mostra del 2006 Le arpe di Ninive [1] . Ne sono note otto, tre delle quali datate 1985 e quindi anche quelle di Ubicazione ignota – e che quindi non è stato possibile verificare - si possono riferire al medesimo periodo (AGB 0077; 0122; 0925; 0926; 0927; 0928; 0929; 1235).
Un’altra serie è costituita dalle opere intitolate Rimescolare il tempo, in cui ritorna la riflessione dell’artista su questa dimensione dell’esistenza e che rimanda alla ricca tipologia dei Pendoli del tempo, contraddistinte in questo caso dalla presenza di un mestolo.
Si tratta di tredici lavori nati dall’assemblaggio di elementi in ferro, che l’artista inizia a creare alla fine del decennio novanta del secolo scorso e nei primi anni del nuovo millennio e gli ultimi tre risalgono al 2014 (AGB 1733; 1734; 1735). Dal punto di vista formale rispondono a due tipologie: una è costituita da un corpo grosso modo circolare dal quale si stacca diritto il mestolo (AGB 0069; 0322; 0418; 0419; 0420; 0611; 0659); la seconda, invece, si caratterizza per l’assemblaggio di forme verticali, tra le quali anche il lungo, sottile mestolo (AGB 0139; 0147; 1733; 1735). Afferma Gabriella Benedini [2] : «Il mestolo è un contenitore, ma serve anche per porgere. Come la barca, è accogliente. Una volta stabilito un archetipo, tu ci costruisci attorno un itinerario, una storia.»
Come spesso accade nell’attività di Gabriella Benedini le sue creazioni subiscono rivisitazioni, modifiche e trasformazioni come la scultura pensile AGB 0100 del 2007– alcuni elementi della quale erano inseriti in un dipinto (AGB 0144) in seguito distrutto – che ha assunto la forma attuale nel 2014 (AGB 1734) e così il pannello AGB 0070 del 2002 che è stato affiancato da due tavole a formare un trittico (AGB 1736).
Cospicua da un punto di vista numerico e soprattutto rilevante per il significato poetico è la serie delle Mousiké, ben ventinove sculture pensili: alle prime, datate 1990 (AGB 0138; 0148; 0518), se ne aggiungono altre fino al 2016. Nove sono presentate per la prima volta alla mostra tenutasi allo Spazio Oberdan di Milano nel 2012 [3] , mentre ben dodici scandiscono lo spazio in una lunga, suggestiva teoria, poste alle spalle di altrettanti metronomi nella rassegna Concerto per Sofonisba del 2016 [4] . Queste sculture pensili in alcuni allestimenti sono state poste su tavole o pannelli neri.
Sono da ricordare, infine, le sette Migrazioni del 2019 (AGB 2098; 2099; 2100; 2101; 2102; 2103; 2104), composte in occasione della mostra al Centro San Fedele di Milano [5] , potente riflessione che coniuga la storia millenaria delle terre mediorientali – Iraq e Afghanistan – in cui l’artista compì un viaggio di grande suggestione, con le drammatiche vicende belliche dell’oggi.