Arpe

«[…] nel mio lavoro non c’è solo la geometria, c’è anche la fuga incommensurabile del suono, attraverso quelle sculture che chiamo arpe. […] Il filo delle arpe è la congiunzione tra un arco e un corpo, che avviene attraverso un filo, che è una specie di estensione dell’arco: mi è venuto spontaneo pensare che esso fosse anche un’estensione di suono, che avesse una possibilità di propagazione molto più vasta, quasi infinita» così Gabriella Benedini “racconta” le sue arpe [1] , sculture tridimensionali di grandi dimensioni, ma anche più piccole, da appendere, originali sculture pensili. In tutto ne ha create quarantacinque, undici delle quali sono le sculture pensili intitolate Arpe ferite.

La prima Arpa è realizzata tra il 1990 e il 1991 (AGB 0750) e nel corso del 1991 ne vengono elaborate altre tre (AGB 0082; 0086; 0085), esposte per la prima volta alla galleria  Spaziotemporaneo di Milano nel 1992 [2] con presentazione in catalogo di Gillo Dorfles, che scrive: «Quali note – arcane, impercettibili, inafferrabili da orecchie umane – risuonano dalle grandi “Arpe” che Gabriella Benedini espone allo Spazio Temporaneo? Forse si tratta non di suoni ma di ultrasuoni emanati non da forme materiali (anche se costruite con legno, metallo, tela) ma da forme immateriali che l’artista ha pensato, ideato, e poi misteriosamente ricavato da assemblaggi di materiali trovati, manipolati e piegati ai suoi reconditi fini; o che gli stessi materiali hanno finito per suscitare nella sua mente» [3] .

Interessante è la contaminazione che l’artista opera, o, meglio ancora, gli slittamenti di significato: la grande arpa del 1998 (AGB 0146) è costituita dallo scafo di una barca, che abbandona la funzione di mezzo per la navigazione per trasformarsi, posto in tutta la sua altezza, in strumento musicale, e/o, forse, intende ricordare la musica ammaliatrice del canto delle sirene…

Importante l’installazione, della quale purtroppo non esiste documentazione fotografica, Le arpe di Ninive [4] , costituita dalle due imponenti arpe (AGB 0048 e 0049), realizzate nel corso del 2005 e presentate alla mostra omonima a Palazzo Magnani di Reggio Emilia [5] a cura di Sandro Parmiggiani. Si collega idealmente a un viaggio compiuto in Oriente nel 1969 nel quale l’artista ha visitato, partendo in auto da Milano, Iugoslavia, Bulgaria, Turchia, Iran, Afghanistan fino al Pakistan. Nell’intervista raccolta da Sandro Parmigiani a corredo del catalogo a questo proposito la Benedini dice che: «C’è appunto una circostanza precisa, la guerra, che mi ha fatto ripensare a quei luoghi. Ne sento i nomi ripetuti tutti i giorni, ricordo quello che ho visto, e immagino le distruzione – penso alla Biblioteca di Baghdad, con i manoscritti bruciati, o alle opere che avevo ammirato al museo di Baghdad, trafugate, disperse, distrutte. E’ una cosa che mi procura dolore, una pena senza fine. […] Esprimo con quest’opera un grande rispetto e amore per quel paese, l’Iraq, segnato prima da una dittatura feroce, e poi dalla guerra» [6] . Nascono così, anche datate 2005 e 2006, le Arpe ferite, undici drammatiche sculture pensili avvolte in bende (AGB 0059, 0060, 0061, 0062, 0063, 0064, 0065, 0066, 0067, 0068, 1217), esplicita riflessione sui tempi di guerra e sulla distruzione nel Paese asiatico.

E ancora eventi drammatici e irreparabili fanno tornare alla memoria quel viaggio come occasione per una nuova riflessione, che si concretizza nella rassegna Storie perdute, ordinata al Centro San Fedele [7] , curata da Angela Madesani, in cui fotografie scattate dall’artista nel suo viaggio del 1969 testimoniano una realtà oggi scomparsa, distrutta dalla furia iconoclasta dell’ISIS. Ne è simbolo proprio un’Arpa (AGB 0085) del 1991, ora indicata con il titolo di Arpa di Ninive, che viene modificata nel 2019: alcune corde sono slegate, interrompendo la possibilità del suono e a terra sono sparsi dei cocci antichissimi, provenienti da Hatra, che dialogano con lo strumento. 

E un’Arpa (AGB 0609) è inserita nell’articolato progetto di rivisitazione urbana - messo a punto con  Chiara Benedetti e Sara Maltese - presentato alla rassegna Scultura nella città. Progetti per Milano alla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano [8]   e insignito del secondo premio, che prevede la risistemazione urbanistica nella zona di San Marco nel capoluogo lombardo con l’inserimento anche di sette grandi Vele in vetroresina  (AGB 0410).